Disparve in un soffio la grandezza de’ Veneziani; ed è ormai noto nella storia delle Nazioni il destino d’una Repubblica, che più non esiste. Il suo nome però sarà sempre caro ed illustre alla memoria dei posteri; quanto degna di pianto si fu l’infausta sciagura che giunse a distruggere in pochi momenti l’opera grande e ammirabile. Ecco come, nelle parole dell’avvocato Mutinelli, viene vissuto il trauma della caduta definitiva della Serenissima. Ma anche su questo dolore, personale e di un intero popolo, l’avvocato, lo storico Bocchi e il nobile adriese Lupati devono soprassedere. Hanno ben altra missione da compiere. Devono respingere gli attacchi provenienti dai rovighesi. Devono convincere Francesco II che Adria e il suo territorio meritano un ruolo di primo piano nei disegni politici del nuovo signore.
Arrivano gli austriaci
Ora ci sono gli austriaci a comandare. E si trovano ad affrontare le medesime beghe territoriali passate di mano dai Vescovi, agli Estensi, alla Serenissima. Ma sono gente pratica e si premurano immediatamente di emanare un Editto, il 6 febbraio 1798, per confermare tutte le prerogative della città di Adria. Sono confermati il libero esercizio, il godimento dei loro privilegj e delle funzioni, validi da secoli e che già, a suo tempo, la Serenissima ha ratificato. Così, gli Statuti cittadini continuano a regolare la vita degli adriesi. E gli imperiali, data l’insistenza dei rodigini, avvalorano ulteriormente le loro determinazioni con un successivo Decreto, emesso il 27 febbraio 1798.
Il Decreto del 27 febbraio 1798 e la sentenza del Regio Tribunale Revisorio
Il Decreto, siglato a Venezia dal Regio Commissario Pellegrini per conto del Comandante Generale imperiale, afferma che la città di Adria forma una provincia autonoma. Sembra voler sanare un’ingiustizia subita nei secoli passati per colpa della Casa d’Este. Dichiara che alla Città e Provincia di Adria debbono rimanere unite le Ville di Canalnovo, Villanova Marchesana, Papozze e Crespino. Così, da qui innanzi le dette Ville formeranno parte colla detta Città e Territorio per gli effetti consentanei all’unione di cui si tratta. Ma i rodigini tentano di insidiare nuovamente il primato adriese. Allora, il nuovo governo austriaco delega il Tribunale di Appellazione di Rovigo e, successivamente, il Regio Tribunale Revisorio, affinché si pronuncino sulla vexata quaestio. Quest’ultima Corte, con la sentenza emessa il 3 luglio 1798, riconosce pienamente i diritti della provincia adriese. Auspica, inoltre, per le due Città e Provincie, benché separate ne’ loro diritti, quel buon concerto che tanto conviene tra Sudditi d’uno stesso Sovrano.
Popolazione, agricoltura nella Adria austriaca
Il provvedimento imperiale del 27 febbraio 1798, come abbiamo visto, amplia notevolmente il territorio su cui Adria ha pertinenza. Gioco forza, aumenta di numero anche la popolazione e, con essa, cresce una maggior estensione di giurisdizionali diritti e di sociali vantaggi. Anche l’agricoltura della provincia beneficia delle determinazioni imperiali. Gli austriaci, infatti, danno impulso ulteriore alle bonifiche delle aree paludose e dei numerosi fondi vallivi. Aumentano, così, i tratti di suolo ridotto a fertile coltivazione. E Adria eccelle per la qualità delle biade, dei vini, dei bestiami, delle lane e delle altre produzioni, tra cui spicca anche la lavorazione industriale de’ canapi. Torna, dunque, una produzione agricola degna dell’ Agro Adriano, tanto celebrato dagli antichi scrittori.
Il commercio e i trasporti alla fine del settecento
Per quanto riguarda, poi, il commercio, è evidente che la posizione di Adria e le caratteristiche del suo territorio sono, per allora, strategiche ai fini dello sviluppo. Sono i trasporti a farla da padrone, con le preziosissime vie d’acqua di cui Adria è ricca. Ma anche le vie di terra sono apprezzate e indispensabili per l’introduzione delle merci e la mutua corrispondenza del nazionale commercio. Ecco perché gli adriesi, sotto l’egida del governo imperiale, prevedono numerosi lavori di riparazione degli argini e gli opportuni acconciamenti delle strade. Devono difendere con le unghie e con i denti questa loro ricchezza. Devono preservare la Provincia da funestissime allagazioni e assicurare il regolare sviluppo della capacità dei trasporti.
L’ultima pagina
In queste puntate abbiamo raccontato una grande avventura. Ci hanno accompagnato tre amici che hanno ribadito a oltranza il loro amore per Adria. Nell’ultima pagina, ci vogliono ancora dire che la loro città, che ha superato indenne quattordici secoli di storia, non può, dunque, temere di pericolose novità. Dall’Imperatore d’Austria, gli adriesi si aspettano che si mantenga fedele alla massima latina unicuique suum. A ciascuno il suo, raccomandano Mutinelli, Bocchi e Lupati a Francesco II. Adria e Rovigo si mantengano autonome e separate l’una dall’altra. E l’Imperatore, fino al 1805, mantiene fede al patto. Adria è capoluogo della sua Provincia fino al ritorno dei francesi, che sconvolgono nuovamente l’ordine politico del Veneto.
Quattordici secoli di storia
L’avvocato Giovan Battista Mutinelli, lo storico Francesco Girolamo Bocchi e il nobile Giuseppe Lupati ci hanno raccontato quattordici secoli di storia della nostra città. Lo hanno fatto per difendere i suoi antichi diritti. Ma, dal passato, hanno raggiunto uno scopo ulteriore e, per certi versi, inaspettato. Ci hanno resi orgogliosi dei nostri trascorsi. La nostra Adria, ricca e rispettata e, da sempre, punto di riferimento essenziale per il territorio del Delta, può tornare ancora a contare. Attraverso la storia e la cultura, anche gastronomica, basi essenziali per un turismo lento e di riscoperta. Ne saremo capaci? Gli adriesi di un tempo che fu avrebbero risposto di sì. Cosa ci rispondono quelli di oggi?