Questa è una storia di tanti anni fa. Una storia di quando Adria era una piccola Venezia. Un racconto di passione per l’ottima cucina e il bel canto. Una storia che potrebbe iniziare con: c’era una volta un tempo dove il niente era tutto. Un tempo dove quel poco che avevi era condiviso con tutti. La storia di un’antica trattoria: la Melata di Adria.
Le passioni degli adriesi
A parte quelle consumate privatamente nelle alcove, due sono, da sempre, le passioni che qualificano gli adriesi: il bel canto e la buona cucina. Per la prima, gli abitanti del capoluogo etrusco si sono splendidamente organizzati. Inizialmente, concerti, commedie, ma, soprattutto, opere liriche, si tengono in un teatro all’aperto, in piazza Cavour. Poi, hanno pensato bene di costruire un signor teatro, dove, nel tempo, si sono esibiti artisti di fama internazionale. Per la seconda, entrano in gioco le numerose trattorie e cicchetterie, dove si sazia la fame e si spegne l’arsura. Una di queste, spicca per essere il tempio della buona cucina e la culla del bel canto adrioto: la Melata di Adria.
La Melata di Adria: oltre un secolo di storia
Ho, come unica fonte, le scarne righe lasciate da mia nonna Maria, la terza e ultima Melata. E’ sua nonna, la prima Melata, che apre il locale. Non ho indicazioni precise sulla posizione della trattoria. La nonna mi raccontava ciò che aveva sentito direttamente dalla sua. Nelle estati di metà del XIX secolo, i clienti possono pasteggiare guardando il ramo del Canal Bianco. Qualche volta, si sentono i lamenti dei carcerati e le guardie passano spesso a bere on ombra de vin. Tutti indizi che fanno pensare che La Melata, all’epoca, si trovi in piazza Cavour. E in piazza Cavour rimane sino alla fine del secondo conflitto mondiale. Da lì, alla fine degli anni quaranta del secolo scorso, si sposta in via Marino Marin.
Il chilometro zero ante litteram
Oggi parliamo tanto di chilometro zero. Allora, più che parlare, si faceva. Per forza o per amore, quasi tutto quello che, passando dalla cucina, arriva nei piatti della clientela, è di produzione locale. E, da La Melata, vengono a mangiare proprio tutti. Operai, studenti, ma anche professori e professionisti. Persino le compagnie teatrali e i cantanti lirici, prima o dopo gli spettacoli, si siedono ai tavolini de La Melata. Gustano i risi alla canarola, il risotto con il luccio, le trippe in brodo, i fasoi in potacin, il bati con le fave lesse. Ma le specialità, da accompagnare rigorosamente con la polenta bianca, sono il baccalà in umido e i bisati e i caifa fritti.
Gli ultimi anni
E i cantanti lirici hanno anche un piccolo segreto alimentare. Se mangiano prima di uno spettacolo, anche se sono già arrivati al dolce e al caffè, prima di andarsene, divorano 2 o 3 filetti di acciuga sotto sale. Per schiarire la voce, raccontano alla nonna, sottovoce. Non so se la cosa abbia basi scientifiche, o sia solo scaramanzia. Posso dirvi, però, che, da bambino, anch’io ho assistito al rituale. Ciò, fino alla fine di questa avventura, tra gastronomia e musica lirica. La patria della cucina adriese, il rifugio degli appassionati della lirica, chiude nel 1974. Chiude, perché nonna Maria, dopo oltre 60 anni di ininterrotta attività, si spegne accanto ai fornelli.
La Melata di Adria: un mondo che non c’è più
La Melata, che apre i battenti quando Adria è ancora parte dell’impero austro – ungarico, chiude a ridosso degli anni dell’edonismo sfrenato. Ormai non è più il tempo di Maria e Simeone. Non sono più gli anni di Pei el ranaro, di Bruno e Desiderio. Di Nato, che, con l’ombra di rosso in mano, canta le arie delle opere. Però, nonostante le nuove tecniche e le reinterpretazioni gastronomiche moderne, quanta nostalgia per mia nonna che cucinava per i suoi clienti le stesse cose che mangiavano i suoi figli. Quanti rimpianti per quel vino sincero, che faceva cantare i facchini come se fossero alla Scala di Milano.