Le esperienze del passato insegnano agli adriesi che è necessario cercare protezione. Ciò, onde evitare il pericolo di nuove invasioni veneziane. La trovano presso la famiglia d’Este, che, proprio in quegli anni, afferma il suo primato sulle regioni del nord-est della penisola italiana. Lo stato ferrarese amplia i suoi confini, inglobando, come ci dicono i nostri tre amici del passato, numerose gloriosissime Giurisdizioni. Questo, fino a quando non si scontrerà con la Serenissima.
E Adria? Adria, in virtù di una politica accorta, attraversa quasi indenne questi tre secoli di storia medievale. Ecco la prima parte del capitolo terzo del Ragionamento sugli antichi diritti della città di Adria. Il documento, curato dall’avvocato Mutinelli, dallo storico Bocchi e dal nobile Lupati, nel 1798 e inviato alla Casa d’Austria.
Il Privilegio primitivo
Della presenza degli Este in Polesine si ha ufficialmente notizia a partire dal 1191, quando l’Imperatore Enrico VI consegna al Marchese Obizzo I il Comitato di Rovigo. Un’area che, fino ad allora, è stata preda di Ezzelino da Romano. Il Privilegio imperiale, però, non accenna minimamente ad Adria e al suo territorio. Anzi, nel 1194, è il Marchese estense Azzo IV che, giurando fedeltà al Vescovo di Adria e garantendogli il pagamento di una rendita, ne diviene feudatario per il castello e l’isola di Ariano.
La potestà degli Este su Adria e i suoi possedimenti è sancita solo nel 1221. Con l’investitura imperiale di Federico II, infatti, il Marchese Azzo VII riceve il perpetuo possesso del feudo di Este e di altre terre del padovano. L’imperatore lo investe anche del feudo di Rovigo e gli fa donazione di Adria e Ariano con tutte le loro adiacenze e pertinenze. E’ questo, dunque, a parere dell’avvocato Mutinelli il documento primitivo che menziona il dominio estense su Adria e il suo territorio.
Dalla lettura del Privilegio, inoltre, si evince che il dominio era suddiviso in contee (probabilmente una per i territori del padovano, una per il Polesine di Rovigo e una per Adria e Ariano). E il nostro avvocato, a ulteriore riprova della separazione di Adria dagli altri territori marchionali, cita uno Statuto ferrarese relativo alle imposte, in cui la nostra città è considerata alla pari di Ferrara.
Un’inviolabile autonomia
Gli Este lasciano ad Adria ampia autonomia. Tant’è che la città ha libera facoltà di governarsi con proprie leggi e propri Statuti municipali. Negli Statuti sono previste la convocazione annua dei Consigli municipali e l’elezione delle cariche civiche. Prevedono anche la definizione delle questioni giudiziarie, ivi compresa la punizione per i delitti eventualmente commessi. Insomma, regolano la vita privata e pubblica dei cittadini. Negli Statuti, inoltre, si esclude ogni beneficio per tutti coloro che non risiedono in città o nei suoi possedimenti. Ai non residenti, infatti, è vietata ogni forma di commercio e la stipula di contratti. E’ vietato pescare nei fiumi, nelle valli e in qualsiasi altro specchio d’acqua. Non è permesso persino albergare o essere ospitati presso qualche famiglia adriese, se non si possiedono i requisiti stabiliti dalle autorità locali.
Persino il Visconte, vicario degli Este, cui spetta la direzione de’ pubblici affari, non può permettersi l’inosservanza degli statuti cittadini. Se lo fa, deve sottostare alla prevista punizione.
Rovigo e la sua contea nel 1302
In quell’epoca, Rovigo è il capoluogo di una contea, retta anch’essa da un Visconte, vicario estense, separata da quella adriese. Lo comprovano le numerose missive indirizzategli da Ferrara, dove Adria non è mai nominata. Similmente, nella corrispondenza tra la capitale del marchesato e il reggente adriese, non si fa menzione alcuna di Rovigo.
Ma è un documento del 1302, inviato dal Marchese Obizzo II al suo Visconte rodigino, che ci permette di comprendere l’estensione dei territori rodigini. E qui si infittisce il mistero, perché Obizzo muore il 13 febbraio 1293 (gli succede Francesco I). Dunque, non può aver siglato quell’atto. In ogni caso, anche se il documento in parola fosse un falso, i possedimenti rodigini sono confermati anche in un Registro di provvigioni fiscali del 1308. Essi comprendono la Terris Rhodigij, Lendinariae et Abatiae et earum Burgis. Quindi, l’autorità di Rovigo si estende solo sul proprio territorio, su Lendinara, su Badia e sulle loro rispettive adiacenze.
Rovigo, tra Padova e Venezia
Documenti successivi ci narrano che Rovigo e i suoi possedimenti passano sotto il dominio di Padova. Nel 1313, difatti, troviamo nominato Potestà, per conto del Comune patavino, tal Alberto da Ponte. E nel 1318, un Instrumento autografo, ci dice che Obizzone da Carraria è il Potestà di Rovigo, per conto dei padovani. Poi, nel 1394, viene ceduta a Venezia, rimanendo sotto il dominio della Serenissima fino al 1438, non senza, come ci racconta il nostro infallibile trio, bellicosi contrasti. Mentre la rivale viene ceduta dagli Este al miglior offerente, Adria continua nel suo pacifico progresso, sempre sotto la reggenza del Visconte, vicario estense.
Le bugie dell’anonimo rovighese
Le opere idrauliche compiute, intorno al 1439, dai Gonzaga sul fiume Adige, provocano un’inondazione di grandi proporzioni, che investe anche Adria e il suo territorio. Il nostro anonimo rovighese vorrebbe convincerci che la città, sua acerrima rivale, ne esce distrutta e che i suoi abitanti, in preda alla più nera disperazione, l’abbandonano. Resistono su un territorio devastato, sempre secondo il documento rodigino, solo poche famiglie di pescatori, nelle loro misere capanne di canniccio. Ma i nostri difensori rintuzzano, in punta di fioretto, ogni illazione. Come può essere, ci dicono, che Adria sia vittima di una tale distruzione se, già nel 1440, tredici suoi cittadini, scelti tra i migliori, si mettono al lavoro per rinnovare gli antichi Statuti? E come può essere che, tra i vassalli della famiglia d’Este, ci sia una vera e propria gara per ottenere la contea adriese, se davvero il territorio è così martoriato? E possiamo fidarci delle affermazioni del rovighese, se i documenti dell’epoca ci raccontano che, sempre nel 1440, il Vescovo erige il suo nuovo palazzo in città? Insomma, i nostri tre amici non hanno il minimo dubbio. L’anonimo ha inventato una fake news ante litteram, nel tentativo di convincere l’Imperatore d’Austria della bontà delle sue tesi.
La seconda parte la prossima settimana.