Mi chiamo Giacinto. Ho combattuto nel nome d'Italia.

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PERSONAGGI STORIA

Mi chiamo Giacinto e ho combattuto nel nome d’Italia. Parte quinta.

La Difesa Del Vascello Foto Akpool.co.uk

Traditi! Circondati da ogni parte. Sotto il costante bombardamento dell’artiglieria francese. Con poche palle di moschetto, una sacca di polvere e la baionetta innestata. In tremila contro sedicimila francesi, schierati davanti al limite occidentale della città eterna. Per rincalzo solamente il cuore e una fede incrollabile nella libertà e nella autodeterminazione. Crediamo nella giustizia e nella fratellanza tra i popoli. Siamo romani, italiani, stranieri da decine di paesi, ma ci riconosciamo tutti nella libera manifestazione del pensiero, nella libertà d’insegnare e di apprendere, nella libera associazione. Ecco: per questo facciamo paura a un’Europa vecchia, indebolita nella mente e nel cuore, ma forte di sgherri e di armi. Per questo vogliono soffocare in culla la nostra esistenza, che per loro è un insulto, un ragno nel salotto buono. Mi chiamo Giacinto e ho combattuto nel nome d’Italia. E questa è la mia storia.

Mi chiamo Giacinto - I Busti Di Daverio E Masina Al Gianicolo Foto Gruppo Lazio Di Ricerca
I busti di Daverio e Masina al Gianicolo-foto Gruppo Lazio di Ricerca

Mi chiamo Giacinto. Villa Corsini.

Due volte abbiamo già tentato di prendere villa Corsini. Abbiamo perso amici e valorosi compagni. Masina e Bixio si sono dovuti ritirare, feriti. Francesco Daverio, uno degli eroi delle cinque giornate di Milano, è caduto combattendo. Alle nove e trenta, un terzo tentativo con i bersaglieri di Manara, giunti a dar man forte. Con i pezzi spazziamo la vegetazione intorno alla villa, scacciando i tiraglieri francesi. I bersaglieri prendono villa Valentini, la presidiano. Si dirigono verso la dimora dei Corsini, ma sono fermati dalla rabbiosa reazione del nemico. Cannoni, fuoco! A coprire la ritirata. Si riparte, ancora, all’assalto. Masina è ritornato ed è alla carica con i suoi lanceri. La colonna penetra nei giardini della villa. I difensori francesi ripiegano e i romani conquistano il casino dei Quattro Venti. Ma a che prezzo! Masina è morto, con molti dei suoi. Dandolo è ferito e anche Mameli, in modo grave.

Mi chiamo Giacinto Lassedio Di Roma Foto Pinterest
L’assedio di Roma – foto Pinterest

Mi chiamo Giacinto. Addio Luigi.

Stanotte è morto Luigi. Povero bocia! È morto per soccorrere Enrico Dandolo. Ha visto l’ufficiale cadere colpito, a pochi metri. Perciò, subito si è precipitato, con l’intento di portarlo al riparo. Ma è stato colpito alla gola dal fuoco francese. È morto solo, povero ragazzo. Voleva vivere libero. Tornare ad Ancona con l’orgoglio di aver fatto qualcosa di buono per sé e per gli altri. Voleva una moglie e dei figli e serenità, come tutti noi. Nessuno di noi, neppure i due marchigiani, Nicola e Giuseppe, sa molto della sua famiglia. Ha qualcuno che lo aspetta e continuerà ad attenderlo inutilmente? Lo abbiamo sepolto vicino a San Pietro in Montorio, noi quattro superstiti dei primi giorni di questo sogno romano. Un sogno che il piombo francese vuole spegnere. Come se si potesse sopprimere l’ansia di libertà, inseguendola fin dentro il cuore degli uomini.

Mi chiamo Giacinto Monumento A Goffredo Mameli Roma Cimitero Del Verano Foto Wikimedia.jpg
Monumento a Goffredo Mameli, Roma, cimitero del Verano – foto Wikimedia

Mi chiamo Giacinto. La città assediata.

Ecco, piovono bombe. I francesi ‘i la vole façile. Conquistate le ville e le postazioni attorno le mura, costruiscono trincee. Teniamo ancora il Vascello, sotto il comando di Giacomo Medici. L’impressione è che il nemico non voglia ancora arrivare allo scontro definitivo. Del resto, che convenienza avrebbe? Ha pezzi d’artiglieria e munizionamento a sufficienza per seppellirci sotto le macerie di Roma. Noi, invece, abbiamo dovuto dividere la nostra settantina, tra cannoni e obici, lungo tutta la cinta difensiva. E, poi, con le munizioni che scarseggiano, toca sparagnare i colpi. Così, i genieri francesi possono avanzare con i loro scavi, senza difficoltà. Allora, abbiamo tentato un paio di sortite. Ma ci sono costate caro e non sono servite a nulla. Anche ponte Milvio è perduto e numerose sono state, anche lì, le perdite. I primi due giorni di battaglia hanno riscosso una larga messe di morte, tra le nostre fila.

La Raccolta Delle Granate Francesi Foto Viaggiart
La raccolta delle granate francesi – foto ViaggiArt

L’ultimatum di Oudinot.

La città è stretta d’assedio. I francesi tirano con le artiglierie. Qualche casa, vicino le mura, è andata distrutta. Pochi, in queste ore, i nostri combattenti caduti. Molti di più sono i morti tra i ragazzini romani. I bocia hanno inventato un gioco maledetto. Ogni volta che arriva una granata, la rincorrono e tolgono la miccia. La raccolgono e vengono a venderla ai nostri artiglieri. Finché la palla è di quelle piene, va bene. Ma il nemico usa anche granate a pallottole o altri proietti scoppianti e, sovente, causa stragi tra i piccoli che accorrono. Ho vietato ai miei serventi di incoraggiarli, ma non è servito a molto. E così, ogni giorno, ci sono madri che piangono qualcuno di questi monelli. Il 12 giugno, quel porco di Oudinot invia un ultimatum. Respinto al mittente. Il bastardo se la lega al dito e fa aumentare la frequenza di tiro delle sue batterie.

Mi chiamo Giacinto Soldati Francesi Allassedio Di Roma Foto Alamy
Soldati francesi all’assedio di Roma – foto Alamy

Mi chiamo Giacinto. 21 e 22 giugno.

Non c’è metro delle mura che non sia battuto e danneggiato. Il tiro è così intenso che non riusciamo a ripararle e si sono aperte brecce. Abbiamo accatastato mobili e macerie, per provare a chiuderle. È notte e c’è un silenzio teso. Qualche colpo di tosse, qua e là, rivela che, tra il groviglio di pietre, arbusti e mobilia di chissà quale provenienza, ci sono uomini in attesa. All’improvviso le sentinelle gridano: Allarme! Le colonne francesi partono dai giardini delle case fuori le mura. Ho due pezzi ai miei ordini. I cartocci sono allineati. Sei parti di salnitro, una di carbone, una di zolfo. Ho venti granate a pallottole.Dunque, dieci buone salve. Fuoco! La linea francese sembra dissolversi, alla prima salva. Il fumo si dirada. Ci sono corpi immobili. Dalla notte salgono lamenti. Caricate!

Mi chiamo Giacinto Uniformi Dei Volontari Alla Difesa Di Roma Foto Pinterest
Uniformi dei volontari alla difesa di Roma – foto Pinterest

Il nemico dentro le mura.

Altre due volte facciamo fuoco. Altre due volte il nemico si arresta. Poi arrivano. Ai moschetti!, ordino ai miei artiglieri. En avant, mes braves!, grida un sergente davanti a me. Sono le sue ultime parole. Cade, trafitto dalla mia baionetta. I miei uomini accorrono. È zuffa, attorno ai due cannoni. Accette, coltelli, pietre persino. È l’odio primordiale dell’uomo per l’uomo. E noi, pur essendo nel giusto, non ci sentiamo, per questo, meno assassini, meno bestie feroci. Più volte ritornano, più volte sono respinti. Finché non si ritirano. Ma, a Porta Portese, sono passati. Sono dentro le mura. Però, non ho tempo per pensare a questo. Devo soccorrere i feriti. Anche francesi, perché è tempo di tornare umani. Mama, prega par el tò povaro fiolo, coverto de sangue, ch’el pianze come on fantolin ‘pena nato. È l’alba. Si alza un sole indifferente, di fronte al dolore e alla morte.

Finisce qui la quinta parte delle avventure di Giacinto.

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Qui link articoli precedenti Mi chiamo Giacinto. Parte primaMi chiamo Giacinto. Parte secondaMi chiamo Giacinto- Parte terzaMi chiamo Giacinto. Parte quarta

Mi chiamo Giacinto e ho combattuto nel nome d’Italia. Parte quinta. ultima modifica: 2019-10-28T08:50:35+01:00 da Enrico Naccari

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